TMAO (trimetilammina-N-ossido) ALERT

da | Set 10, 2019 | Blog

TMAO, nuovo nemico da sconfiggere dopo la saga del colesterolo?

Sul web, sulle testate di alcune riviste, scientifiche (e non), si legge della pericolosità di questo composto organico per la correlazione con il rischio cardiovascolare.
Il TMAO appartiene alla famiglia delle ammine e deriva dalla trimetilammina (TMA) a sua volta proveniente dall’azione del microbiota sul metabolismo di colina, carnitina e lecitina. Alcuni cibi sono fonti dirette di TMAO (vedremo poi).
Tra le fonti principali di carnitina e colina troviamo la carne, le uova, i latticini, il pesce, i crostacei, la soia.
Più cibi di origine animale = maggior substrati per la produzione TMA e TMAO = rischio cardiovascolare aumentato.
Nelle immagini di copertina spesso compare in aggiunta una bella bistecca di carne rossa succulenta.
Prima di inciampare nell’errore di “fare di tutta l’erba un fascio”, meglio fare un po’ di chiarezza.

Colina, carnitina e lecitina provenienti dalla dieta sono metabolizzati dal microbiota intestinale in TMA.
Tuttavia vi è una grande variabilità nei livelli di TMA e TMAO in soggetti che consumano gli stessi cibi.
Da cosa dipende?
Dalla diversità microbica e dalla prevalenza di alcuni ceppi piuttosto che altri: la prevalenza di prevotella, firmicutes e proteobatteri è correlata a valori più alti di TMAO.
Soggetti con un microbiota in cui bacteroides e bifidi sono ben rappresentati presentano valori più bassi.
L’ipotesi da prendere in considerazione è quella di valutare non tanto e non solo il consumo di alimenti di origine animale quali causa di valori elevati di TMAO, quanto più prendere in considerazione la salute intestinale e del microbiota.
Uno stato di disbiosi potrebbe ridurre la diversità microbica e sbilanciare la composizione microbica a favore di batteri producenti TMA.

Qual è la fonte alimentare maggiore di TMAO?
Il pesce, in particolare quello dei mari profondi.
Dal punto di vista evolutivo i pesci hanno sviluppato e mantenuto la capacità di produrre TMAO per questione di sopravvivenza in ambiente marino. Il TMAO per i pesci è un importante modulatore della pressione osmotica ed idrostatica, serve a proteggere la struttura e la funzione delle proteine e a contrastare gli effetti dell’urea.
Quando il pesce deteriora il TMAO torna a TMA, responsabile del tipico odore di pesce.
Soggetti che consumano pesce vedono i valori di TMAO alzarsi già dopo 15 minuti dal pasto (molto di più che dopo aver mangiato carne o uova), il che significa che viene assorbito direttamente in maniera indipendente dal microbiota.
Nonostante questo, avete mai sentito o letto che il pesce aumenti il rischio cardiovascolare?

Altro aspetto da considerare è la trasformazione di TMA prodotta dal metabolismo del microbiota a TMAO da parte di un enzima epatico, una flavin-mono ossigenasi (FMO).
Si tratta di una classe di enzimi coinvolta non solo nella trasformazione di TMA a TMAO, ma anche nel metabolismo lipidico e nella regolazione dell’infiammazione.
La funzionalità dell’enzima dipende da quanto il nostro fegato lavora bene. Se ci sono altri fattori che lo sovraccaricano, ne risentirà anche questa classe di enzimi quindi i livello di TMA e TMAO ed il rischio cardiovascolare.
Vi possono essere inoltre mutazioni a carico degli enzimi FMO, come nel caso della trimetilamminuria, condizione in cui i soggetti emanano odore di pesce.
In ogni caso in letteratura sono riportate correlazioni (non causalità!!!) tra livelli di TMAO e rischio cardiovascolare e patologia renale.
Alcune spiegazioni:
La clearance (ovvero l’eliminazione) di TMAO è prevalentemente renale, per cui valori elevati in circolo causano un sovraccarico renale.
In molti pazienti con insufficienza renale è presente una disbiosi che a sua volta potrebbe causare un aumento dei livelli di TMAO.
TMAO riduce la tolleranza glucidica, è pro infiammatorio, interferisce con la sensibilità insulinica epatica.
TMAO favorisce la formazione di cellule schiumose attraverso un’up regolazione dei recettori sui macrofagi. Un’iper attivazione di questi processo è determinante la formazione della placca aterosclerotica.
TMAO favorisce il legame tra LDL ossidate e cellule schiumose, quindi la formazione della placca.
TMAO influenza il metabolismo di colesterolo e acidi biliari, l’assorbimento e l’eliminazione intestinale del colesterolo.
TMAO influenza la secrezione di citochine infiammatorie (Nf-Kb).
TMAO è permissivo per l’aggregazione piastrinica attraverso la modulazione degli ioni calcio.

Tuttavia è riportato anche un fattore protettivo. Valori di TMAO correlano inversamente con la dimensione delle lesioni aortiche.

Quali possibili soluzioni?
È stato ipotizzato l’utilizzo di antibiotici come terapia per “ammazzare” i batteri produttori di TMA, ma non si tratta di una soluzione perseguibile per i ben noti effetti di una terapia antibiotica.

Il resveratrolo è un potente antiossidante che troviamo nell’uva e nei piccoli frutti viola/blu. Oltre ad essere un antiossidante ha anche azione prebiotica agendo in senso positivo sia sul metabolismo di carnitina, colina e lecitina, sia sul rischio cardiovascolare.

Un altro composto organico (dimetil-1-butanolo) contenuto nel vino rosso, nell’olio di oliva, nell’aceto balsamico, quello vero senza zuccheri o additivi, agisce inibendo un enzima microbico atto a produrre TMA.

La modulazione del microbiota è ovviamente una strada da percorrere, puntando ad una adeguata diversità batterica e al supporto dei ceppi batterici commensali “amici”.
Tra questi i bifidi, i lactobacilli, roseburia e un altro tipo di organismi unicellulari anaerobi, gli archaea.
Questi ultimi sono in grado di usare TMAO e TMA per produrre metano, “consumenado” quello introdotto con il cibo e quello prodotto dal microbiota.
Bifidi ed archaea si supportano a vicenda, questi ultimi infatti vivono grazie ai metaboliti prodotti dai bifidi.

Come favorire un microbiota forte ed in equilibrio?
Dobbiamo nutrirlo! Qual’è il cibo preferito dei batteri? Le fibre.
Dobbiamo ricordare però che ogni tipo di batterio ha un pool enzimatico atto a digerire alcune fibre e non altre, sono pochi quelli “multitasking”.
Le fibre assunte con la dieta devono essere varie, comprendere verdure a foglia verde, verdure della famiglia delle crucifere, frutta, ma anche verdure amidacee e alimenti fonte di amido resistente come frutta a guscio, banana non matura, patata cotta e consumata fredda in insalata.
L’effetto dell’assunzione di cibi ricchi di fibre prebiotiche non è paragonabile all’utilizzo di integratori di fibre o di amido resistente, salvo qualche eccezione.
Recentemente infatti si è studiato l’effetto di HMO (human milk oligosaccharides), ovvero un oligosaccaride contenuto nel latte materno che sembra riuscire a modulare il microbiota, favorendo solo i ceppi benefici, oltre ad avere un ruolo di modulatore infiammatorio ed immunitario.

A volte per necessità terapeutica le fibre vanno ridotte, ma si tratta di soluzione “a tempo” che prevedono poi una lenta e graduale reintroduzione delle stesse.
La dieta porta a cambiamenti del microbiota a breve e a lungo termine. Nel lungo termine la varietà delle fibre assunte risulta essere molto molto importante, così come quella l’apporto di antiossidanti, minerali, vitamine, acidi grassi ed aminoacidi essenziali.
Solo così daremo ai mille mila microorganismi la materia prima per mantenersi attivi, per produrre vitamine, serotonina e neuromediatori, acidi grassi a corta catena e metaboliti funzionali.

Detto questo possiamo pensare a TMAO come un segnale più che ad un nemico.
Potrebbe rappresentare una risposta adattativa allo stress, così come l’acido urico.
Aumentare la resistenza insulinica, la pressione idrostatica, predisporre una risposta infiammatoria, favorire l’aggregazione piastrinica… sono tutti meccanismi protettivi in risposta ad un pericolo o ad una situazione di carestia.
Ciò che dal punto di vista evolutivo ci ha protetti in ambienti ostili, oggi non ha più lo stesso senso.
Per cui non dobbiamo fermarci ai titoli e vedere solo alimenti animali = elevati valori di TMAO = aumento del rischio cardiovascolare, ma considerare il contesto e gli altri fattori implicati (vedi scarsità di fibre, antiossidanti, dieta ricca di zuccheri, sale, grassi di cattiva qualità, additivi, carni processate, alimenti da allevamento ed agricoltura intensivi, interferenti endocrini…).

NB: lo studio che ha scaturito maggiormente la discussione (Long-term paleolitich diet is associated with lower resistant starch intake, different gut microbiota composition and increased serum TMAO concentrations) è facilmente male interpretato, pensando che la causa stia in una dieta prettamente ricca di alimenti di origine animale. Leggendo bene lo studio invece è chiaro che il problema della dieta “paleo” nel correlare con valori elevati di TMAO sta nella scarsità di fibre prebiotiche e di varietà delle fibre assunte in grado di modulare positivamente il microbiota.
La dieta presentata nello studio era adeguata in termini di quantità di fibre, ma prevalentemente da verdure non amidacee, necessarie ma non sufficienti alla costruzione e mantenimento di un sano ed efficiente microbiota.

Biblio:
https://www.thepaleomom.com/paleo-resistant-starch-and-tmao-new-study-warning-worth-heeding/ con altra biblio inclusa a fondo articolo.

Trimelthylamine-N-Oxide: the good, the bad and the unknown. Toxin 2016, 8, 326.

Immunolgical effect of human milk oligosaccharisdes. Frontiers in pediatrics, july 2018, volume 6, article 190.

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